1959: Nasce il time-sharing

Quasi contemporaneamente sulle due sponde dell’Atlantico viene sviluppato il concetto di suddivisione di tempo (time-sharing), un metodo per allocare il tempo di elaborazione della unità di calcolo a rotazione (microsecondi) fra vari programmi indipendenti, in modo che apparentemente questi vengano eseguiti contemporaneamente.

Nato originariamente come metodo per permettere alle varie periferiche (stampanti, unità di lettura/scrittura nastro, lettori di schede, console di comando del sistema) di funzionare contemporaneamente, migliorando quindi l’efficienza dell’uso dell’hardware, sarà poi utilizzato per permettere a più utenti di utilizzare “contemporaneamente” le risorse di un unico computer, come se fosse a loro dedicato.

E’ questa seconda possibilità che permetterà un cambio di paradigma nell’uso dei computer: da un accesso definito “batch” (a blocchi), nel quale gli utenti consegnavano un pacco di schede ( o un nastro magnetico) agli operatori e ricevevano i risultati della elaborazione dopo ore o giorni, il “time sharing” inaugurerà la modalità “interattiva”, nella quale gli utenti tramite un terminale (telescrivente e poi video) lavoreranno in tempo reale come se il computer fosse interamente dedicato a ciascuno di loro.

John McCarthy della Università di Stanford scrive a gennaio 1959 un memorandum introducendo il concetto di time sharing.

Christopher Strachey informatico inglese, presenta alla “UNESCO Information Processing Conference” nel giugno 1959 l’articolo “Time sharing in large fast computers “ nel quale propone la realizzazione di un programma di supervisione, da lui chiamato “Director”, per la complessa gestione dei vari programmi concorrenti. Un primo nucleo di un sistema operativo time sharing.


Fonti




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